Sì. È esattamente così che funziona: possono anche esserci 20 persone al banco del bar, ma nessuna vuole semplicemente un caffè. Un caffè è banale. Un caffè è da poveri. Un caffè è no.
E non è perché è il 26 dicembre, sono le 8.45 e il bar è operativo nonostante il centro apra dopo pranzo, che alla gente fai un po’ di tenerezza o di pena. La gente non diventa empatica, ma soprattutto non diventa più buona solo perché è periodo natalizio.
Qualsiasi cosa tu faccia, in qualunque modo tu ti muova, sei comunque troppo lento, hai servito prima un cliente arrivato dopo e la proporzioni di caffè e latte nel cappuccio non le hai assolutamente azzeccate.
E mentre tu ti affanni nel tentativo di fare da tramite tra il cliente che ordina e il barista che prepara tutto ciò che viene richiesto, una signora(A) decide che è arrivato il momento di fermarmi per dirmi la sua.
A: “Scusi signorina, ma perché i negozi sono chiusi?”. Sto pensando di tatuarmelo in fronte.
B: “Aprono a mezzogiorno oggi signora, a Santo Stefano fanno orario ridotto”
A: “Ah. Dovevano avvisare”.(CHI??) “Noi ormai siamo qui. Ma il 31 e l’1 invece siete aperti?”.
B: “Il 31 sì, signora. L’1 il centro rimarrà chiuso.”
A: “ E il 6 gennaio?Sarete mica chiusi anche il 6 gennaio?!”
Non sia mai.
B: “No signora non si preoccupi, il 6 siamo aperti.”
Indispettita si gira verso il marito, perso nei suoi pensieri e lo informa delle date di apertura e di chiusura. Lui offeso afferma:“Ci mancherebbe altro. Già sono stati chiusi a Natale e lo saranno anche il primo di gennaio, ci manca solo che pretendono di stare a casa anche altri giorni”.
Vorrei capire che tipo di sicurezza nasca nel sapere che il centro sia aperto anche in giorni di festa, ma probabilmente non è questo il momento per rifletterci. Titubo. L’orda di nuovi clienti mi travolge, pronta a ordinare cose inesistenti.
Meglio non farsi domande.